GUIDO GOZZANO, forse, non era mai passato da Nizza Monferrato. L’abbiamo invitato e alla fine ha accettato.
Per celebrare un decennale qualsiasi, niente di meglio di uno dei tanti piemontesi illustri che viaggiarono nel tempo. Paradossi. Circa cento anni fa, il ragazzo, con i suoi salti di mezzo secolo indietro, portava nel verso italiano uno stile, dei temi e dei toni che erano almeno di mezzo secolo avanti. E chi avrà voglia di capire, capirà.
Eugenio Montale, Giorgio Caproni, Edoardo Sanguineti e chissà quanti altri lo amarono, studiarono e capirono (dal latino capere: prendere) a fondo. Ciascuno a modo proprio, qualcosa da Gozzano l’hanno (ap)preso.
Un frammento, una piccola curiosità per dirne una?
Non sarò l’unico, né il primo né l’ultimo, ad annotare che i famigerati “cocci aguzzi di bottiglia” di Eugenio Montale (1925) li troviamo già nei versi di un Gozzano poco più che ventenne un decennio prima. Stavano già sul muro di cinta di una trasandata villa che fu bella.
“…I cocci innumeri di vetro / sulla cinta vetusta, alla difesa.”
Villa di provincia nobilmente decaduta dove il giovanotto va in villeggiatura, cornice innaturale nella quale, in attesa del normale decorso della tisi (e delle vite tutte), si concederebbe (forse) all’amore ancillare della sguattera.
Questa la sua Signorina Felicita, ovvero la felicità.
Questo “…il colmo dell’ascesa”, dolce e amara, dove sta Villa Amarena, da cogliere o non cogliere come una ciliegia amara, nella serenità canavesana.
Una serenità prossima all’epilogo, la …”disperazione calma, senza sgomento”, di un altro viaggiatore cerimonioso. Che quarant’anni dopo non viaggiava per vacanza ma per lavoro. Ogni riferimento qui è a Giorgio Caproni.
Quanto a Edoardo Sanguineti, attesteranno per lui tutte le sue carte di innumerevoli enumerazioni, l’immenso catalogo del mondo che arriva fino al nuovo secolo, il nostro. Bene, quel catalogo – a ben guardare – comincia nel salotto buono di Nonna Speranza, e mi sa che non finisce mai.
E così ne ho dette tre, che anche basta.
Grazie Guido, per averci raccontato le tue vacanze, ospite graditissimo in una Sala Pio Succi gremita di gente il 9 di giugno del duemila e diciassette.
Giovanni Succi
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