PARODI 2017

VALENTINA PARODI, restauratrice, storica dell’arte e docente di tecniche artistiche all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) e dell’Accademia di Belle Arti di Verona, ha presentato casi di restauro che rivelano il rapporto dei contemporanei con l’opera d’arte: ad epoche diverse corrispondono scelte diverse di rappresentazione e di restauro.

Il flusso del discorso ha spaziato dall’arte contemporanea all’arte antica, soffermandosi in particolare su di uno strano caso di martirio di monaci, rinvenuto nel  Monastero di Astino nei pressi di Bergamo.

Il caso è ampiamente documentato dalla dott.ssa Parodi e dalla dott.ssa Pacia della Soprintendenza in due articoli nel volume “Bergamo attraverso i paesaggi della storia”, Ateneo di scienza, lettere e arti di Bergamo.

“Si tratta di uno dei quattro quadri dedicati alle storie di San Gualberto, eseguiti per la chiesa del santo sepolcro nell’importantissimo Monastero di Astino fondato appunto da San Gualberto”.
“L’opera, che è posta all’inizio del presbiterio della chiesa ad aprire il ciclo, risulta firmata da Defendente De Gislandi, pittore fino al nostro restauro sconosciuto ma contestualizzato dagli studi della dott.ssa Pacia della soprintendenza durante i lavori di restauro da lei supervisionati. La  dottoressa ha infatti scoperto che si tratta del fratello del più noto pittore Fra Galgario (Giuseppe Vittore Ghislandi). Defendente è descritto dalle fonti come un uomo molto scontroso e di bizzarre abitudini.
“Questa scoperta ha fatto ipotizzare inoltre che le profonde differenze stilistiche e materiche riscontrate da noi restauratori presenti su questo quadro fossero dovute al fatto che Fra Galgario, noto per le sue doti di ritrattista, sia stato chiamato ad ultimare o ridefinire l’opera del fratello”.
“La genesi dunque di quest’opera appare complessa sotto molti punti di vista. Noi restauratori abbiamo inoltre constatato altre incongruenze materiche su alcuni abiti neri dei monaci.  Per comprendere meglio tali aspetti abbiamo eseguito delle analisi non distruttive (osservazioni a luce UV e poi una radiografia) dalle quali abbiamo potuto individuare che il monaco al centro della scena, al di sotto della tunica nera, era stato prima dipinto completamente nudo coperto solo nelle parti intime da una piccola pelliccetta”. 

 

 

 

 

 

“Tale iconografia non risultava in alcun caso attinente alla storia del martirio dei monaci. Solo un altro approfondimento storico artistico ha permesso di scoprire dettagli completamente inediti. Un’ipotesi è infatti quella che in origine l’opera rappresentasse non una qualsiasi strage di monaci, ma quella avvenuta nel monastero di San Salvi, all’epoca di San Gualberto”.
“La stage fu voluta e organizzata dal vescovo simoniaco Pietro Mezzabarba accusato pubblicamente di eresia da Giovanni Gualberto. Secondo quanto racconta l’agiografia del santo, l’Abate del monastero durante il saccheggio fu denudato al fine di umiliarlo ulteriormente. Prima del martirio si ricoprì pudicamente con una pelliccetta raccolta lì per lì..”.
“Tale iconografia così esplicita, atta a testimoniare la lotta di Gualberto contro le corruzioni della chiesa, fu sicuramente voluta all’inizio dal committente anche perché le tensioni con il vescovo locale anche all’epoca dell’esecuzione del quadro erano piuttosto forti”.
“Un’ipotesi è che ad un certo punto tale iconografia così esplicita non fosse più necessaria o gradita, anzi dannosa. Ecco perché nacque la necessità di modificarla almeno un po’ – nascondendo il soggetto originale – per attenuare il riferimento e smorzare forse i toni di un conflitto che invece col tempo si era appianato. Così nel quadro scomparve la pelliccetta e apparve un ritratto di monaco, oggi ignoto, perfettamente ritratto, con una maestria che agli studiosi sembra di mano non tanto di Defendente De Gislandi quanto del fratello, noto ritrattista del clero e della borghesia locale”.
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